Confini della responsabilità degli amministratori “non esecutivi”

A cura dell’avv. Gianfranco Benvenuto

Cass. civ. Sez II. sent. 18/09/2020 n. 19556. Pres. Dott.sa Di Virgilio, Rel. Dott. Cosentino

L’amministratore senza deleghe è solidalmente responsabile delle violazioni commesse da altri membri del consiglio se non ha adeguatamente ottemperato al dovere di agire informato facendo tutto il possibile per prevenire, eliminare o attenuare le violazioni commesse.

La Suprema Corte si è pronunciata sul tema degli amministratori “non esecutivi” in seguito al ricorso proposto da un componente “delegante” del consiglio di amministrazione di una banca.

La difesa del ricorrente puntava sulla lettura combinata degli artt. 2381 e 2392 c.c. a cui non solo attribuiva il superamento del rischio di responsabilità oggettiva per fatto altrui frutto del precedente obbligo di vigilanza sull’altrui operato, ma che indicava fonte di un’esimente dovuta al fatto che l’obbligazione di agire informati, contenuta nell’art. 2381 c.c. dipende in realtà dal corredo informativo comunicato dal delegato.

Sul punto invece la Corte di Cassazione, nel solco già scavato da precedenti sentenze (su tutte la Cass. 24851/2019), precisa che il dovere di agire informati comporta per gli amministratori oltre all’obbligo di attivarsi per reperire le informazioni necessarie ad evitare od attenuare le criticità di cui sono o potrebbero essere a conoscenza, lo speculare “divieto di inazione nelle situazioni conosciute o conoscibili dall’amministratore che richiedano azione”.

In conseguenza, un amministratore privo di deleghe risponde nel caso in cui “non abbia impedito fatti pregiudizievoli [degli altri amministratori] in virtù della conoscenza – o della possibilità di conoscenza, per il loro dovere di agire informati ex art. 2381 c.c. – di elementi tali da sollecitare il loro intervento alla stregua della diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e delle loro specifiche competenze”.

Dunque nel caso di amministratore privo di deleghe il campo d’indagine rinvia al perimetro del dovere di agire informati allo scopo di evitare che la passiva dipendenza dalle informazioni dispensate dai delegati svuotino il ruolo del delegante di ogni concreta funzione amministrativa.

Sul punto alcuni spunti interessanti vengono somministrati dalla stessa sentenza della S.C. mentre altri sono rinvenibile nel tessuto normativo di recente conio.

La Cassazione sostanzialmente riflette sull’estensione della conoscenza o conoscibilità delle informazioni, articolando il percorso argomentativo dal presupposto che il consiglio di amministrazione ha un potere direttivo ed avocativo in relazione alle operazioni rientranti nella delega, e dunque è in grado di esercitare quei poteri filtrando le informazioni ricevute attraverso la conoscenza diretta del campo di operatività della società che deriva al consigliere dalla natura dell’incarico e dalle sue specifiche competenze (ex art. 2392 c.c.); questo approccio è volto ad allargare il perimetro della conoscibilità delle informazioni facendo leva sulla competenza e sulla responsabilità dell’organo e riducendo le sue zone di inazione.

Un ulteriore punto di ancoraggio per ridurre la twilight zone della conoscibilità è dato dall’art. 2380 bis c.c., che nell’attribuire la gestione della società agli amministratori al fine del conseguimento dell’oggetto sociale, non distingue tra delegati e deleganti; conseguentemente gli amministratori non esecutivi non possono invocare quale esimente della propria responsabilità la suddivisione dei compiti tra i vari componenti dell’organo gestorio in quanto, in virtù della norma citata, entrambi restano soggetti all’obbligo di fare quanto in loro potere per evitare le conseguenze pregiudizievoli riferite a fatti posti in essere da altri membri del collegio, atteso che la pregiudizialità non è ovviamente funzionale all’attuazione dell’oggetto sociale.

Anche il nuovo secondo comma dell’art. 2086 c.c. richiamato dall’art. 2380 bis c.c. non distingue chi debba attivarsi per “l’adozione degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”, orientando l’interprete verso una lettura ampia dell’obbligo di agire informati attraverso cui la diligenza del consigliere non esecutivo deve spingersi alla ricerca e allo stimolo dell’informazione, rifiutando acriticamente quella proveniente dal delegato: in quest’ottica dunque il limite della responsabilità del delegante si arresta alla frode del delegato che abbia dolosamente trasferito al consiglio di amministrazioni informazioni la cui mistificazione fosse di difficile riconoscibilità.


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