Un insolito caso di insorgenza del privilegio da un credito in origine chirografo

A cura dell’avvocato Gianfranco Benvenuto

In sede fallimentare, gli interventi di sostegno pubblico erogati in forma di concessione di garanzia godono anch’essi del privilegio di cui all’art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 123/1998, perché le diverse forme di intervento pubblico in favore delle attività produttive risultano espressione di un disegno unitario, ed occorre comunque recuperare la provvista per ulteriori e futuri interventi di sostegno della produzione.

SOMMARIO: 1. Massima – 2. Il caso – 3. La questione – 4. Le soluzioni giuridiche – 5. Osservazioni

Cass. civ. sez. I, 30 gennaio 2019, n. 2664

1. Massima

In sede fallimentare, gli interventi di sostegno pubblico erogati in forma di concessione di garanzia godono anch’essi del privilegio di cui all’art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 123/1998, perché le diverse forme di intervento pubblico in favore delle attività produttive risultano espressione di un disegno unitario, ed occorre comunque recuperare la provvista per ulteriori e futuri interventi di sostegno della produzione.

2. Il caso

Sace S.p.A., società del Gruppo Cassa Depositi e Prestiti, nella sua attività istituzionale, si costituiva garante di una società in favore di due istituti di credito per il rilascio di due distinti mutui chirografari. Escusse le garanzie, Sace dichiarava di volersi surrogare in tutti i diritti e le azioni spettanti agli istituti di credito nei confronti della società. Il Tribunale respingeva la richiesta di Sace che, a norma dell’art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 123/1998, chiedeva venisse accertata la natura privilegiata del proprio credito nei confronti della società in concordato. La Corte d’appello, però, riformava la sentenza di primo grado, stabilendo che il credito – derivante dal rilascio delle garanzie – vantato dall’appellante fosse di natura privilegiata proprio ai sensi dell’art. 9, comma 5, D. Lgs. n. 123/1998. La società in concordato proponeva quindi ricorso per cassazione sostenendo che il garante potesse far valere lo stesso grado di privilegio del credito originario, che, però, nella fattispecie ne era privo. 

3. La questione 

La Suprema Corte, con la sentenza in commento, analizza l’art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 123/1998, rispondendo al quesito se il privilegio riconosciuto da tale disposizione normativa debba riguardare tutti gli interventi dei soggetti competenti – quale è il Fondo di Garanzia per le PMI – ovvero se il privilegio operi solamente laddove vi sia la concessione di un finanziamento da parte del fondo medesimo. 

4. Le soluzioni giuridiche 

Sul tema la giurisprudenza di merito ha nel tempo avuto modo di esprimersi in modo alterno. Secondo l’interpretazione restrittiva della norma in argomento (ex multis Tribunale di Milano, decreto del 3 luglio 2014,in https://www.unijuris.it/node/2401), il privilegio andrebbe riconosciuto esclusivamente nei casi in cui il soggetto competente abbia erogato un finanziamento. I sostenitori di tale tesi fondano il proprio ragionamento sulla base di due principi: (i) l’art. 9, comma 5, conferisce il privilegio esplicitamente ed esclusivamente alle restituzioni in caso di revoca dei finanziamenti – quindi non alle prestazioni di garanzia o alle ulteriori forme di intervento previste dal decreto – erogati ai sensi del decreto legislativo in esame; (ii) riconoscendo natura privilegiata al credito del soggetto competente surrogatosi al creditore garantito, si verrebbe a creare un’immotivata disparità di trattamento tra il creditore originario, il cui credito non godeva del privilegio, ed il fondo surrogatosi. 

Secondo l’altro orientamento, invece, la lettura e l’interpretazione dell’art. 9, comma 5, non può che condurre a ricomprendere, nell’ambito del conferimento della natura privilegiata al credito, ogni intervento del fondo di garanzia, poiché la medesima disposizione non fa differenze di trattamento tra erogazione di somme e prestazione di garanzia (ex multis, Tribunale di Padova, 23.7.2012, in Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 8497 – pubb. 11/02/2013, http://mobile.ilcaso.it/sentenze/fallimentare/8497/fallimentare). Venendo al caso esaminato dalla Cassazione, con la sentenza n. 2664 del 30 gennaio 2019, i giudici di legittimità, dopo aver chiarito che trattasi di una questione di diritto – oltreché complessa e di rilievo – sulla quale non sussistono precedenti interventi della medesima Corte, decidono di aderire a questo secondo filone interpretativo. 

In primis, la Cassazione evidenzia che il D.Lgs. n. 123/98 non offre la definizione del termine “finanziamento” e che la lettura restrittiva del quinto comma dell’art. 9 confligge proprio con il tenore letterale della norma, che parla in modo generico di “finanziamenti” e non di “finanziamenti agevolati”, termine invece utilizzato nell’art. 7, comma 1. Così facendo, con generico riferimento al termine “finanziamento”, il Legislatore avrebbe inteso ricomprendere nell’alveo del privilegio tutte le forme di intervento del soggetto competente. Peraltro, il termine finanziamento nella normativa vigente assume significati più ampi rispetto alla mera erogazione di somme di denaro: cfr. art. 47 T.U. bancario e art. 1, comma 2, lett. f.; art. 2447- decies c.c.; art. 106 T.U. bancario. 

Ad ulteriore sostegno della propria interpretazione, i giudici di legittimità osservano che, se si desse al termine “finanziamento” utilizzato dall’art. 9, comma 5, una lettura restrittiva, ciò avrebbe la conseguenza di escludere dal privilegio tutte le altre forme di intervento previste nel decreto legislativo, quali i contributi in conto capitale e in conto interesse che, tuttavia, rappresentano anch’esse, al pari del finanziamento, erogazioni dirette di denaro, con conseguenti differenziazioni e disparità irrazionali. Con riferimento, invece, alla pretesa differenza afferente l’effettiva situazione di rischio tra i casi in cui il soggetto competente eroga il finanziamento e quelli in cui si costituisce garante, la Corte ritiene che il garante, assumendo un impegno diretto, abbia una posizione di rischio del tutto analoga a quella di colui che eroga direttamente somme di denaro. A giudizio della Cassazione (che supera l’approdo motivazionale cui era pervenuta la medesima Corte nella sentenza n. 16870 del 7.7.2017), in merito al fatto che il soggetto surrogatosi alla banca goda del privilegio anche se quest’ultima non ne godeva, la posizione del garante non deve necessariamente rispecchiare la situazione del creditore garantito, ben potendo il primo godere di un privilegio non spettante al secondo in quanto: “la posizione del creditore, cioè, non si pone come un medio logico inevitabile”.

In ultimo, nella sentenza in commento viene statuito che nulla osta al riconoscimento in capo al soggetto garante del privilegio, che – in ossequio all’art. 2745 c.c. – trova la propria causa nel sostegno pubblico in funzione dello sviluppo delle attività produttive: le somme così recuperate dal fondo vengono successivamente versate sempre nella disponibilità dello Stato per lo svolgimento dei futuri progetti di sostegno alle attività produttive. 

5. Osservazioni 

La sentenza in commento, discostandosi dalla giurisprudenza di merito più severa, una ratio più liberale della normativa e della volontà del legislatore. Occorre al riguardo annotare che, con successivo Decreto Legge n. 3/2015, convertito con modificazioni in Legge n. 33/2015, è stato previsto che “Il diritto alla restituzione, nei confronti del beneficiario finale e dei terzi prestatori di garanzie, delle somme liquidate a titolo di perdite dal Fondo di garanzia di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a), della Legge 23 dicembre 1996, n. 662, costituisce credito privilegiato e prevale su ogni altro diritto di prelazione, da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’art. 2751-bis del codice civile, fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi. La costituzione e l’efficacia del privilegio non sono subordinate al consenso delle parti. Al recupero del predetto credito si procede mediante iscrizione a ruolo, ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, e successive modificazioni”

Il legislatore ha quindi voluto chiarire ex post, con la novella sopra riportata, la portata della norma secondo la quale il privilegio riguarda l’intervento del fondo, quale soggetto competente, anche per il caso di costituzione di garanzie, nel precipuo intento di evitare che la giurisprudenza possa continuare ad escludere la ricorrenza del suddetto privilegio in tale ultimo caso, ritenendo che il riferimento alla parola finanziamenti (di cui all’art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 123/1998) escluda tutte le altre forme di intervento ai sensi del decreto legislativo in esame (cfr. art. 7 D.Lgs. n.123/1998). Trattandosi di crediti dello Stato è evidente che il legislatore con i propri interventi miri a tutelare i suoi stessi interessi.

La lettura opposta del dettato normativo, secondo la quale nell’art. 9, comma 5, con la parola finanziamento il legislatore avrebbe voluto escludere – dalla concessione del privilegio – tutte le altre forme di intervento del fondo, non pare quindi più sostenibile alla luce della norma più recente. Non è peraltro peregrina la tesi della Suprema Corte laddove fa notare che nell’art. 9 comma 5, il legislatore fa riferimento esclusivamente al termine “finanziamento” e non al “finanziamento agevolato” di cui all’art. 7, volendo intendere con il termine generico finanziamento tutte le forme di intervento ivi previste.

Per quanto riguarda le statuizioni della giurisprudenza di merito (cfr. ad es. Tribunale di Pistoia, 21 Maggio 2015, in IlCaso.it, Sez. Giurisprudenza, 12782 – pubb. 04/06/2015, http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/12782), secondo cui il riconoscimento del privilegio del credito in caso di concessione di garanzia non sarebbe possibile, in quanto si risolverebbe in una situazione abnorme tale per cui il credito originariamente chirografario diverrebbe poi privilegiato per effetto della surroga, anche in violazione della tassatività delle cause di prelazione di cui all’art. 2745, non paiono convincenti.

In primis, infatti, nulla vieta che il creditore che si sia surrogato goda di ulteriori diritti nei confronti del debitore rispetto a quelli vantati dal creditore originario; peraltro, nel caso di specie la concessione del privilegio deriva proprio da una esplicita previsione normativa. La stessa Cassazione, nella sentenza n. 16870 del 7.7.2017, aveva avuto modo di argomentare che: “pur ammesso che SACE abbia agito in veste di fideiussore di (OMISSIS) e, adempiendo il debito restitutorio contratto da questa nei confronti dell’istituto erogante, si sia così surrogata nei diritti del creditore ai sensi dell’art. 1949 c.c., vale qui rimarcare che “il fideiussore che intenda surrogarsi al creditore garantito nei diritti vantati verso il debitore subentra ai sensi dell’art. 1204 c.c. anche nelle garanzie concesse da terzi in favore del creditore originario solo a condizione che queste ultime siano accessorie e dipendenti dall’obbligazione principale adempiuta dal fideiussore” (Cass., Sez. 3, 12/12.2008, n. 29216), di modo che è un’evidente forzatura logica assumere che, se il credito della banca non fosse ab origine munito di privilegio – privilegiato è solo il credito dello Stato (Cass., Sez. 1, 24/08/2015, n. 17111) – lo possa essere divenuto a seguito del pagamento effettuato da SACE, essendo semmai vero il contrario ossia che, se il credito nasce privilegiato, il fideiussore che lo soddisfa e si surroga perciò nei diritti del creditore originario è surrogato anche nelle garanzie (Cass., Sez. 3, 19/07/1967, n. 1846)”. Il ragionamento sopra seguito è prima facie corretto, tuttavia non paiono nemmeno esserci ragioni ostative a che il legislatore preveda in una situazione peculiare, ove vi sia un preminente interesse pubblico, la creazione di un privilegio a vantaggio esclusivo del “fideiussore”, volto a garantire il credito vantato dallo Stato.

Per ragioni analoghe, non paiono esserci ragioni ostative ai sensi dell’art. 2745 c.c., a mente del quale “il privilegio è accordato dalla legge in considerazione della causa del credito”. Nel caso di specie, le osservazioni della Cassazione sono convincenti. È evidente che il privilegio derivi direttamente (ed ora esplicitamente anche per le garanzie) dalla norma di legge in argomento e che la sua causa debba essere rinvenuta proprio nell’interesse statale al sostegno pubblico dello sviluppo delle attività produttive.

In conclusione, le argomentazioni svolte dalla S. Corte risultano coerenti con il dato letterale della normativa di riferimento che, come ampiamente argomentato, si riferisce genericamente ai finanziamenti. Qualora il legislatore avesse voluto ricomprendere nell’alveo del privilegio solo le somme erogate dal soggetto competente – quale è il Fondo di Garanzia PMI (istituito dal Mise ai sensi dell’art. 2, comma 100, lett. a), Legge n. 662 del 13.12.1996) – avrebbe fatto riferimento ai “finanziamenti agevolati” di cui all’art. 7 del D.Lgs. 123/1998; viceversa, col termine finanziamento si è voluto genericamente ricomprendere tutti i casi di intervento del soggetto competente. A sostegno di tale tesi sovviene la novella di cui alla legge n. 33/2015 che ha esplicitamente ricompreso nell’ambito del privilegio anche le concessioni di garanzia da parte del fondo. Pertanto, tale interpretazione pare sposare in pieno l’intenzione del legislatore.

Il caso in esame è relativo, come detto, ad una procedura concordataria, all’interno della quale la decisione per il privilegio del credito vantato dal fondo, ovvero per la sua natura chirografaria, può spostare di molto l’esito della procedura medesima. Tuttavia, casi analoghi si possono presentare anche nel corso di procedure fallimentari. Il curatore, quindi, qualora gli si prospetti un’istanza di insinuazione allo stato passivo per il caso di intervento ai sensi dell’art. 7, D.Lgs. n. 123/1998, del soggetto competente che opera a norma del medesimo decreto e che vanta un credito nei confronti della società, dovrà ammetterlo al passivo col privilegio ex art. 9, comma 5.


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