Confisca e interessi dei creditori

Cosa prevale e a quali condizioni

I provvedimenti penali di confisca e le procedure coattive e concorsuali possono entrare in contatto con conseguenze che meritano di essere indagate.

Il provvedimento di confisca (al di là di quello disciplinato dalla L 159/2011 che ha finalità di sottrazione delle imprese al controllo mafioso) è disciplinato dall’art 240 c.p. che dispone che “nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto“.

La misura di sicurezza della confisca consiste sostanzialmente nell’espropriazione forzata e gratuita a favore dello Stato (e, in materia urbanistica, a favore del patrimonio del Comune), di tutte le cose che costituiscono il prezzo del reato, che sono servite a commettere il reato, di quelle che ne sono il prodotto e il profitto nonché di quelle che sono di per sé criminose.
Cosa accade se a valle di una sentenza di condanna lo Stato esercita il suo diritto di confisca su un bene (ad es. immobile) destinato a soddisfare i diritti di credito dei creditori, concorsuali o pignoratizi?

Al problema ha dato risposta la Cassazione Civ. con la sentenza n 30990 del 30/11/2018 che uniformandosi all’orientamento già in precedenza espresso dal S.C. si caratterizza per la chiarezza e completezza con cui affronta la tematica di particolare interesse per il curatore e i creditori.

La sentenza chiarisce che “la prevalenza delle esigenze pubblicistiche penali sulle ragioni del creditore del soggetto colpito dalle misure di sicurezza patrimoniale, anche se il primo sia assistito da garanzia reale sul bene, costituisce principio generale dell’ordinamento con la conseguenza che il diritto del creditore, quand’anche assistito da garanzia reale sul bene confiscato iscritta in tempo anteriore non può essere tutelato davanti al giudice civile“.

Da questa massima si traggono le tre seguenti interessanti considerazioni:

a) I diritti vantati dai terzi sul bene oggetto di confisca di qualsiasi natura anche laddove oggetto di iscrizione o trascrizione anteriori alla confisca stessa possono essere fatti valere esclusivamente dinnanzi al giudice penale mediante incidente di esecuzione e non in sede civile (da qui anche la rarità delle pronunce della Cass. civ sulla materia);

b) gli effetti della confisca penale (di qualunque natura) prevalgono in ogni caso sui diritti dei terzi creditori anche se si è titolari di diritti reali di garanzia iscritti anteriormente;

c) l’unico provvedimento capace di arrestare l’effetto civile della confisca è l’aggiudicazione del bene se giunge prima della confisca stessa.

Pertanto l’eventuale conflitto tra i diritti dei creditori del condannato anche se siano assistiti da garanzia reale sul bene e/o abbiano già proceduto al pignoramento e quelli dello Stato, beneficiario del provvedimento stesso, non si risolve sul piano civilistico in base all’anteriorità della iscrizione o trascrizione nei registri immobiliari dei relativi acquisti.

La prevalenza su ogni altro diritto degli effetti civili della confisca è garantita dalla semplice emissione del provvedimento a prescindere dalla sua trascrizione con l’unica condizione che il bene confiscato risulti ancora di proprietà del condannato (o quantomeno esso non sia stato già oggetto di un provvedimento di aggiudicazione in favore di un terzo in sede di esecuzione forzata o di fallimento).

La considerazione sopra svolta suggerisce al curatore (ma anche al delegato alla vendita coattiva) di operare un’indagine nella prossimità della gara volta all’aggiudicazione del bene staggito, allo scopo di sincerarsi che in capo al debitore esecutato non sia stato preso alcun provvedimento di confisca che, diversamente, configura un’ipotesi di evizione totale (Cass. 17/01/2011 n 877).

Ma qual è il campanello d’allarme che deve allertare il curatore o il delegato alla vendita coattiva? La risposta risiede nella sentenza di Cass. Pen. 03/10/2018 n 51043 che chiarisce che l’atto di confisca è preceduto dall’atto di sequestro penale la cui trascrizione segue il principio della regolarità delle trascrizioni ed iscrizioni presso l’ufficio del registro disposta dall’art 2644 c.c.
Pertanto se il sequestro segue il pignoramento che porta alla vendita coattiva, la confisca pronunciata successivamente non è opponibile a chi si è aggiudicato il bene.

Diversamente ove la confisca venisse pronunciata prima della vendita, l’anteriorità del pignoramento (o fallimento) al sequestro non gioverebbe ai creditori rispetto ai quali il bene verrebbe sottratto alla loro garanzia per confluire in quella a favore dello Stato.
Infine nel caso in cui il sequestro preceda il pignoramento la confisca riaggancia gli effetti all’atto cautelare trascritto rendendosi opponibile all’acquisto cattivo intervenuto a valle del pignoramento.

In conclusione è l’anteriorità della trascrizione del sequestro al pignoramento-fallimento a governare la precedenza dei diritti sul bene, garantendolo allo Stato anche nei confronti del terzo a cui fosse stato trasferito il bene per effetto di un procedimento esecutivo perfino ove la confisca fosse disposta successivamente ma capace di retrodatare gli effetti al momento anteriore al pignoramento-fallimento in cui fosse stato trascritto il sequestro.

Ma attenzione che in ogni caso, come chiarito da Cass. 30990/2018, la confisca non presuppone sempre il sequestro ed in sua assenza è comunque idoneo a sottrarre il bene alla garanzia dei creditori se interviene prima della cessione del bene.


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