Il curatore ha legittimazione nei confronti del revisore per l’azione di responsabilità?

Commento a cura di Stefano Meani, Gianfranco Benvenuto

Lo scorso dicembre 2019 il Tribunale di Bologna ha pronunciato una sentenza (12 dicembre 2019, n. 2651) in cui ha affermato la legittimazione del curatore ad esperire l’azione di risarcimento danni, per conto della massa dei creditori, nei confronti della società di revisione per gravi irregolarità nelle verifiche contabili.

La sentenza merita di essere segnalata perché affronta una tematica, la legittimazione del curatore ad agire nei confronti dei revisori, che ha dato vita ad un acceso dibattito fra gli operatori, anche a causa di un susseguirsi di interventi normativi sul punto.

Occorre anzitutto evidenziare un aspetto che, ad una prima lettura della sentenza, potrebbe indurre in errore. Difatti, il caso sottoposto all’esame del Tribunale si riferisce ad una vicenda verificatasi prima dell’abrogazione dell’art. 2409-sexies c.c. (come riformato dalla novella del diritto societario del 2003).

Tale norma faceva espresso richiamo alle azioni di responsabilità degli amministratori e sindaci nelle procedure concorsuali, attraverso il riferimento diretto all’art. 2407 c.c. e quindi agli artt. 2393, 2393-bis, 2394, 2394-bis e 2395 c.c.

Pertanto, era pressoché unanime l’orientamento secondo cui il curatore fosse legittimato ad esercitare l’azione (extracontrattuale) dei creditori al fine di ottenere il risarcimento del danno patito, in qualità di terzi, per effetto dell’inadempimento del revisore.

Il Tribunale di Bologna si è allineato a tale orientamento, sostenendo che la formulazione dell’art. 146 L.F. consentirebbe di affermare che al curatore viene trasferita la legittimazione ad esperire sia l’azione di cui all’art. 2393 c.c. (di natura contrattuale che presuppone un danno alla società) che l’azione ex art. 2394 c.c. (di natura extracontrattuale, che presuppone l’insufficienza patrimoniale).

Un passaggio della sentenza che merita una riflessione anche alla luce del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCI) è quello con cui il Tribunale propone il superamento del dualismo tra collegio sindacale e società di revisione riconducendo entrambi alla nozione di “organi di controllo” che dovrebbe ricomprenderli nella loro sostanziale convergenza funzionale.
Peraltro è lo stesso legislatore ad alimentare questo equivoco in quanto sia all’art. 2477 c.c. e, ancora di più, agli artt. 12, 14 e 379 CCI si riferisce indistintamente ai sindaci e ai revisori collocando entrambi sotto lo stesso ombrello identificativo “degli organi di controllo” e ciò anche se al revisore la funzione organica manca.

Tuttavia rimanendo aderenti all’indicazione normativa vigente occorre rilevare, come detto, che l’art. 2409-sexies c.c. (che richiama l’art. 2407 c.c.) è stato abrogato dall’art. 15 del D. Lgs. n. 39/2010 a cui è stata affidata la disciplina dell’attività dei revisori contabili, ragione per cui i principi espressi dal Tribunale di Bologna vedono oggi eroso il loro terreno d’appoggio in relazione a fattispecie successive a tale data.

A seguito di tale abrogazione, si è quindi riproposto il problema di verificare se il curatore continui ad essere legittimato all’azione di responsabilità per i danni causati ai creditori sociali dai revisori contabili.

Secondo autorevole dottrina (Dimundo, Le azioni di responsabilità nelle procedure concorsuali, Cedam, 2019, p. 68), che richiama a sostegno i principi espressi dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione (sent. n. 7029 del 28 marzo 2006), sembra difficile attribuire il carattere di azione di massa all’azione risarcitoria con la quale il curatore intende far valere nei confronti del revisore le distinte pretese risarcitorie spettanti ai creditori, posto che deve negarsi che il curatore agisca quale rappresentante della massa ogni qualvolta sia necessario distinguere la peculiare posizione di ciascun creditore, dovendosi in particolare separare quanti siano stati effettivamente e concretamente lesi nel loro affidamento da quelli che, al contrario, non abbiano ritratto alcun pregiudizio diretto dall’attività del revisore.

Arrivando al presente, si deve rilevare che la normativa di riferimento è nuovamente cambiata a seguito dell’introduzione del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza.

L’articolo 255 del CCI, nelle lettere da a) a d), si premura anzitutto di elencare le singole azioni trasferite al curatore, chiudendo l’elenco (lett. e)) con la precisazione che sono altresì trasferite “tutte le altre azioni di responsabilità che gli sono attribuite da singole disposizioni di legge”.
Alla luce di questo dato testuale, appare difficile considerare trasferite in via esclusiva al curatore le azioni risarcitorie allo stesso non esplicitamente conferite da una puntuale disposizione di legge.

Tra queste azioni deve rientrare l’azione (extracontrattuale) dei creditori al fine di ottenere il risarcimento del danno che questi abbiano patito, in qualità di terzi, per effetto dell’inadempimento del revisore, poiché – come sopra visto – l’art. 15 del D. Lgs. n. 39/2010, nel disciplinare la responsabilità del revisore, ha omesso di richiamare l’art. 2407 c.c., e con esso la base normativa per costruire la legittimazione del curatore ad avvalersi del rimedio risarcitorio posto a tutela della generalità dei creditori.

Nulla ovviamente esclude che in futuro il legislatore intervenga per integrare l’elenco dell’art. 255 CCI, ma allo stato si deve quindi concludere che, dall’entrata in vigore del CCI, il curatore non potrà iniziare o proseguire azioni di risarcimento danni contro i revisori contabili per conto dei creditori sociali.


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