Gli amministratori di società insolventi sono responsabili per la lesione della par condicio

Il pagamento preferenziale con lesione della par condicio costituisce ragione di addebito penale, ma la sua autonoma fonte di risarcimento esercitabile dal curatore fallimentare in un’azione di massa era altresì motivo di contrasto giurisprudenziale.

Il pagamento preferenziale con lesione della par condicio costituisce ragione di addebito penale, ma la sua autonoma fonte di risarcimento esercitabile dal curatore fallimentare in un’azione di massa era altresì motivo di contrasto giurisprudenziale.

Sono azioni di massa quelle che possono essere coltivate dalla curatela fallimentare a vantaggio di tutti i creditori in quanto traggono origine dal fallimento e sono funzionali alla ricostruzione del patrimonio della società fallita.

La ragione della esclusione della legittimità del curatore risiedeva nell’osservazione che il pagamento preferenziale non pareva idoneo a recare danno alla massa dei creditori indistintamente intesa, ma solo a coloro che se ne ritenevano lesi, con la conseguenza che l’azione risarcitoria veniva considerata sottratta alla legittimazione della curatela per essere affidata a quella dei singoli creditori pregiudicati dalla condotta dell’amministratore societario.

Si sosteneva che, sotto un profilo puramente patrimoniale, il pagamento ante fallimento sarebbe risultato neutro in quanto idoneo ad accompagnare la riduzione del patrimonio con la equivalente contrazione del debito, senza ledere il patrimonio societario ma solo quello di coloro che risultavano pretermessi dal pagamento.

Di fronte a questa fattispecie di condotta, il curatore poteva affidare l’aspettativa risarcitoria alla costituzione di parte civile in un processo penale subordinata all’esercizio dell’azione penale da parte del P.M. e i cui frutti potevano vedersi consolidati solo all’esito dei tre canonici gradi di giudizio necessari per dotare la sentenza del requisito del passaggio in giudicato.

Costituisce un dato di comune esperienza quello che riconosce al processo penale tempi mediamente più lunghi rispetto a quelli del processo civile per il più frequente ricorso a tutti i tre gradi del giudizio, con la conseguenza che l’aspettativa al risarcimento del danno legato al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, nel processo penale si consolida mediamente in un arco di tempo maggiore di quanto accada in ambito civile.

Un ulteriore elemento di sfavore per la curatela era dato dal fatto che l’ammontare del danno poteva essere circoscritto solo alla dimensione morale della condotta integrante il reato di bancarotta preferenziale e ciò a causa della negata autonomia dell’idoneità del pagamento preferenziale a ledere il patrimonio societario e quindi ad essere considerata fonte di risarcimento di un danno economicamente e patrimonialmente valutabile in riferimento alla massa dei creditori e non solo di carattere morale.

Infine il curatore fallimentare era esposto al rischio che il reo nel processo penale esercitasse il diritto al patteggiamento della pena (per il quale non è richiesto il parere della parte civile) a valle del quale l’organo fallimentare veniva a perdere lo strumento risarcitorio in seno al processo penale essendone già privato in ambito civile.

La Cassazione ha invece ribaltato questo orientamento riduttivo, chiarendo che la legittimazione attiva della curatela spazia equivalentemente tanto in ambito penale quanto in quello civile ove, a tutela della massa, possono essere esercitati gli stessi diritti al risarcimento del danno.
Inoltre la S.C. ha riconosciuto la natura di azione di massa alla domanda di risarcimento avente ad oggetto uno o più pagamenti preferenziali il cui danno è sempre riferito alla lesione del patrimonio sociale.

Infatti anche in termini economici, in una condizione di dissesto il pagamento preferenziale provoca una riduzione del patrimonio sociale in misura maggiore a quella che si determinerebbe con un pagamento rispettoso della par condicio.

La considerazione che si trae da questo insegnamento giurisprudenziale è innanzitutto che il raggio d’azione del curatore nelle azioni di responsabilità verso l’amministratore si allarga considerevolmente, riportando alla fonte risarcitoria tutti quei pagamenti che hanno inciso sul patrimonio sociale a discapito della par condicio creditorum.

Secondariamente risulta superata la riserva affidata alla revocatoria in cui era possibile perseguire il pagamento preferenziale con il vantaggio nelle mani del curatore che la prova della consapevolezza dello stato di insolvenza al momento della lesione patrimoniale può essere riferita non già ad un terzo ma al rappresentante sociale rispetto al quale è evidentemente più agevole.

Infine l’azione risarcitoria permette di spaziare verso tutti coloro che hanno contribuito a provocare il danno, rivolgendosi anche ai terzi percipienti i pagamenti lesivi i quali assai meno, rispetto all’amministratore, mettono in atto meccanismi di protezione del patrimonio funzionali all’adozione di cariche congenite al rischio risarcitorio, con il che si allargano le prospettive di recupero in capo alla massa.

Non ultimo il cambio d’orientamento giurisprudenziale può avere perfino un effetto moralizzatrice per l’aumentato timore che la condotta lesiva della par condicio possa costituire motivo di risarcimento, circostanza che rappresenta un elemento di dissuasione più forte rispetto a quello affidato alla sanzione penale, patteggiabile con una pena ridotta a pochi mesi di detenzione di cui difficilmente si vedrà l’esecuzione.


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