Il cambiamento della legge fallimentare, fra novità e un grande assente. Un’opinione

Sulle pagine di ItaliaOggi Sette sono stato chiamato a intervenire soprattutto a proposito del “grande assente” dal disegno di legge delega predisposto dalla commissione Rordorf, rappresentato dalla disciplina penale, nonché della transazione fiscale.

Su ItaliaOggi Sette di lunedì 8 febbraio si parla del disegno di legge delega predisposto dalla commissione Rordorf e ap
provato dal
 Consiglio dei 
ministri, iniziando da una costatazione: “la vera rivoluzione della riforma (dopo oltre 70 anni di modifiche e «toppe») della disciplina delle procedure concorsuali sta anche nell’eliminazione della parola «fallimento».”

Difatti, fra veri e propri punti-chiave (come le procedure di allerta e mediazione, o la revisione dell’amministrazione straordinaria) e aspetti meno evidenti ma tutt’altro che secondari (il tentativo di disciplinare per la prima volta la crisi e l’insolvenza dei gruppi di imprese) il disegno ha già sollevato le prime opinioni.

Sulle pagine curate da Maria Chiara Furlò, sono stato chiamato a intervenire soprattutto a proposito del “grande assente” dal disegno, rappresentato dalla disciplina penale, nonché della transazione fiscale.

«Che risulta esclusa dalla delega e che non è dunque stata trattata dalla commissione, ma sulla quale occorrerà certamente intervenire in quanto la riforma vuole trattare in termini differenti rispetto al passato la problematica della insolvenza e rispetto ad essa dunque anche le norme penali devono seguire la legge armonizzandosi alla medesima sensibilità» […] ad esempio proprio l’aspetto penale potrebbe costituire un importante elemento di incoraggiamento ad esperire procedure extra-giudiziali di allerta e di composizione della crisi indipendentemente dal loro esito. «Altro aspetto non trattato […] è la transazione fiscale, fonte di grandi delusioni per la sua scarsa applicazione nonostante le aspettative evocate dal termine “transazione” che caratterizza l’istituto e che invece è rimasto ingessato all’interno del principio della indisponibilità dell’obbligazione tributaria che ne ha impedito un’applicazione più ragionevole perfino in quei casi in cui fosse evidente che l’attaccamento strenue al principio espresso in sede di concordato, significasse la certezza di una minor riscossione tributaria nella successiva fase fallimentare»


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