Il problema dei crediti prededucibili nel concordato
Quello della prededuzione dei crediti sorti in funzione di una procedura concorsuale, pur dopo molte pronunce, è ancora un tema che fatica a trovare una soluzione pacifica da parte della giurisprudenza di merito che rivela ancora divergenze di interpretazione rispetto alla Cassazione: ne è un esempio il decreto del Tribunale di Milano pubblicato, per pura casualità, lo stesso 30 gennaio 2015 in cui ha visto la luce l’ordinanza n 1765/2015 di Cassazione da cui diverge nelle conclusioni.
Come è noto, la norma generale che assicura la prededuzione ai crediti è l’articolo 111 l.f. comma 2 che riconosce la prededuzione ai “crediti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali”. All’applicazione di tale norma sono prevalentemente interessati i professionisti e più in generale coloro le cui attività sono organizzate e coordinate in funzione della presentazione di una domanda di concordato che svolgono l’attività nella consapevolezza della crisi del debitore e fanno dunque affidamento sul riconoscimento della prededuzione per il caso in cui l’iniziativa concorsuale, anziché sfociare in una proposta ed un piano, scivoli nel fallimento.
A rivelare come la problematica disciplinata dall’art 111 l.f. sia di difficile gestione sono gli interventi legislativi che negli ultimi anni si sono occupati della materia mettendo e togliendo argini alla sua portata che da pochi mesi è ritornata priva di condizionamenti normativi: infatti l’articolo 48 D.L. 31 maggio 2010 n. 78 condizionava, attraverso l’introduzione dell’art 182 quater 4° co l.f., la prededuzione dei compensi dei professionisti incaricati di predisporre l’attestazione di cui all’art 161 3° co l.f. all’ammissione del concordato ovvero alla sua omologa; detto comma è stato abrogato dalla L. 7 agosto 2012 n. 134; inoltre l’art 111 l.f. ha ricevuto dall’art 11 comma 3 quater L. 9/2014 una riduzione del suo perimetro d’applicazione attraverso l’introduzione della subordinazione della prededuzione all’ammissione della procedura concordataria, poi abrogata dal D.L. 91/2014 che ha tolto la limitazione interpretativa dell’art 111 l.f. Le due pronunce, da cui prende spunto la presente riflessione, poggiano sull’analogo presupposto di fatto rappresentato dalla richiesta di riconoscimento della prededuzione al credito di professionisti che avevano operato in procedure concorsuali rispettivamente come attestatore ex articolo 161 l.f. e come legale del debitore nella presentazione di una domanda di concordato.
Le decisioni sui due casi, divergono circa l’applicazione dei principi; la Cassazione, che decide il caso dell’attestatore, riconosce la natura prededuttiva del credito sulla semplice considerazione che l’art 111, comma 2, l.f. nell’indicare come prededucibili i crediti “sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali” detta un precetto di carattere generale, privo di restrizioni, che, per favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d’impresa introduce un’eccezione al principio della par condicio creditorum, estendendo, in caso di fallimento, la prededucibilità a tutti i crediti sorti in funzione di precedenti procedure concorsuali.
Detta giurisprudenza conta precedenti conformi:
- Cass. 8533/2013 afferma esplicitamente che tra i debiti sorti in “funzione” di procedure concorsuali “rientra quello contratto per prestazioni finalizzate all’assistenza e alla redazione di un concordato preventivo”.
- Cass 8958/2014 specifica che con l’art 111 2o comma l.f. “il legislatore ha inteso riferirsi in via alternativa ad obbligazioni derivanti da attività svolte nell’ambito della procedura o comunque strumentali ad essa” con la precisazione che il “collegamento funzionale deve intendersi riferito al nesso tra l’insorgere del credito e gli scopi della procedura”.
Non pare dunque esservi dubbio che non può ritenersi escluso dalla prededuzione il credito sorto espressamente per attività funzionale al concordato quale quello del professionista a cui sia stato affidato il compito di preparare la domanda di concordato e ciò indipendentemente dall’esito.
Il Tribunale di Milano invece, nel provvedimento in commento, introduce un elemento valutativo della utilità, per la massa dei creditori, dell’attività svolta dal professionista, giudicando tale vantaggio esistente unicamente in una stretta misura in relazione all’assistenza alla domanda di fallimento, ma non altrettanto per l’attività preparatoria per la domanda di concordato che, nella fase finale del suo percorso, per ragioni indipendenti dalla volontà del professionista, non si è tradotta in una proposta concordataria.
La giurisprudenza di merito (si veda anche: trib Rovigo 12/12/13 in il Fallimento 2014, 924; trib Prato 24/6/11) risulta spesso sensibile alla necessità di verificare se l’attività del professionista che chiede la prededuzione del proprio credito, sia stata vantaggiosa rispetto agli interessi della massa del fallimento dichiarato dopo il tentativo di una procedura di concordato.
Questa giurisprudenza aggancia la propria motivazione a quelle pronunce di Cassazione (n. 8534/2013, n. 27926/2013) nelle quali la Corte richiede che il riconoscimento della prededuzione presupponga un’indagine sulla funzionalità dell’attività rispetto alle necessità di sanatoria dell’impresa e in concreto all’utilità per i creditori “per aver consentito una sia pur contenuta realizzazione dei crediti” (così Cass. 8/4/2013 n. 8534).
Anche la stessa Cass. 8958/2014, precedentemente citata, richiede una valutazione sulla strumentalità nei casi in cui il nesso tra attività e procedura concorsuale non sia cosi “funzionale”, in quanto il rilievo conferito alla strumentalità tra l’attività da cui sorge l’obbligazione e la realizzazione delle finalità proprie della procedura concorsuale, “consente di estenderne il riconoscimento oltre l’ambito specifico dell’attività professionale prestata ai fini della redazione della domanda di concordato e della assistenza in giudizio”.
Dunque, data per assodata la prededuzione ai crediti sorti per l’attività strettamente e fisiologicamente strumentale alla procedura concorsuale, l’eccezione alla par condicio creditorum può essere estesa anche a quelli la cui strumentalità deve essere oggetto di verifica.
Ed infatti le pronunzie che ne richiedevano la verifica non si riferivano all’attività professionale specificamente e direttamente svolta al deposito di una domanda di concordato bensì a prestazioni genericamente esercitate a favore di imprese in crisi la cui funzionalità alla procedura concorsuale veniva richiamata solo a posteriori per fruire della prededuzione e che dunque ben doveva essere valutata nel successivo fallimento al fine di verificare l’esistenza dei presupposti della prededuzione.
Il distinguo è fondamentale e costituisce lo spartiacque tra il riconoscimento del privilegio e della prededuzione, poichè diversamente si correrebbe il rischio di ammettere alla prededuzione perfino crediti sorti per attività svolta dal professionista in antagonismo agli interessi della massa (così ad es Cass 7166/2012).
La differenza di cui si riferisce è confermata anche dalle sentenze di Cassazione che approfondiscono il concetto di prededuzione derivante dal criterio della “occasionalità” di cui all’art 111 2° comma l.f. (Cass. 24/1/2014 n. 1513; Cass 17/04/2014 n. 8958) ove viene precisato che non tutti i crediti sorti “in occasione” di una procedura concorsuale giustificano la loro natura prededucibile in quanto il criterio cronologico deve essere integrato con quello soggettivo della riferibilità del credito all’attività degli organi della procedura, nel senso che il credito deve rientrare nell’interesse della massa e dunque rispondere allo scopo della procedura.
Si pensi ad azioni giudiziarie avviate prima o dopo il deposito di una domanda di concordato dal debitore che non abbiano nessun concreto riflesso funzionale rispetto all’interesse della massa (es: un opposizione a D.I. per finalità dilatorie) o addirittura a quelle spese, sostenute dall’amministratore in continuità aziendale che, nel successivo fallimento, si rivelino addirittura dannose: a tale riguardo non è infatti giustificabile che la massa dei creditori debba sopportare indiscriminatamente la concorrenza di crediti prededucibili senza aver avuto alcuna possibilità di valutare a monte, attraverso gli organi di una procedura, la loro giustificazione rispetto all’accrescimento dell’attivo o alla conveniente riduzione del passivo.
Per questi crediti dunque, così come per tutti quelli che sorgono da un rapporto “di occasione” con la crisi dell’imprenditore, è più che giustificato verificarne la funzionalità rispetto all’interesse della massa dei creditori una volta pronunciato il fallimento.
Non è tuttavia così per i crediti che trovano la loro origine in un rapporto che ha come scopo quello di proporre una soluzione concorsuale della crisi (e dunque strumentale ad essa), per i quali la valutazione di detta funzionalità rispetto all’interesse della massa è sottratta al giudizio del magistrato in quanto già operato a monte dal legislatore che, per favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d’impresa, ha introdotto un’eccezione al principio della par condicio creditorum estendendo, in caso di fallimento, la prededuzione a tutti i crediti sorti in funzione di precedente procedura concorsuale (così Cass 17/04/2014 n. 8958).
Infatti secondo la Corte di legittimità l’accesso alla procedura di concordato preventivo costituisce di per sé un vantaggio per i creditori alla luce degli effetti della consecuzione, in quanto permette la cristallizzazione della massa e la retrodatazione del periodo sospetto ai fini dell’esperimento della revocatoria fallimentare (così Cass.14/03/2014 n. 6031).
Detto orientamento è coerente con la ratio della prededuzione di conferire un regime preferenziale ad alcuni creditori per favorire ed incentivare la conclusione di rapporti giuridici fondamentali per la soluzione della crisi diversa dal fallimento.
Infatti soltanto attraverso la prospettiva di integrale e antergato soddisfacimento si compensa la resistenza ad operare per un soggetto debitore che si trova necessariamente a rivelare il proprio stato di difficoltà nel momento stesso in cui conferisce l’incarico.
Ma un ulteriore elemento depone a favore della pregiudiziale valutazione della funzionalità dell’opera del professionista che ha collaborato per la predisposizione della domanda di concordato, indipendentemente dal successo della sua attività: la sentenza di Cass. 9/9/2014 n. 18922 ha chiarito come la prededuzione deve essere riconosciuta anche a vantaggio del credito del professionista che ha assistito il debitore nella preparazione della documentazione per l’istanza di fallimento, e ciò sebbene questa attività possa essere svolta in proprio dall’imprenditore; dato l’effetto della consecuzione delle procedure, per cui alla domanda di concordato vengono fatti retrodatare gli effetti della dichiarazione di fallimento, se è considerata prededuttiva l’attività svolta dal professionista funzionale alla domanda di fallimento (per la quale, come già detto, la presenza della figura professionale non è indispensabile), a maggior ragione non si vede come non possa essere considerata prededuttiva, senza alcun indagine sulla funzionalità, l’attività svolta per confezionare la proposta di concordato è ciò anche nel caso in cui questa sia stata poi sostituita dalla dichiarazione di fallimento.
In entrambi i casi infatti la valutazione della funzionalità, collocata nel solco della strumentalità ad una domanda di procedura concorsuale, sfugge al giudice di merito in quanto è operata a monte dal legislatore che la considera meritevole di un trattamento differenziato come eccezione al principio della par condicio (in questo senso: trib Terni 17/1/2014 che ha ritenuto prededucibili I crediti del professionista che aveva collaborato nella predisposizione di una domanda di concordato “in bianco” benché il debitore non avesse consegnato la documentazione prescritta dall’art 161, comma 6l.f nel termine fissato dal giudice; cfr. anche trib Monza 23/10/2014).