Quale Tribunale è competente a decidere in caso di insolvenza internazionale di un privato che non esercita attività imprenditoriale o professionale?


Premessa

La Corte di Giustizia con sentenza n. C-253/19 in data 16.07.2020 si è pronunciata in una interessante vertenza con oggetto l’individuazione del giudice competente ad aprire una procedura di insolvenza internazionale nel caso in cui il debitore sia una persona fisica che non esercita attività imprenditoriale o professionale.

La normativa di riferimento è il regolamento (UE) n. 2015/848 (di seguito “il Regolamento”), che disciplina la competenza, il riconoscimento, l’esecuzione, la legge applicabile e la cooperazione nelle procedure di insolvenza transfrontaliere.

Secondo il Regolamento, anche le persone fisiche che non esercitano attività imprenditoriale o professionale possono essere dichiarate insolventi e soggette alla relativa disciplina (art. 3).

La nozione di insolvenza nella legislazione interna è assorbita dai provvedimenti di sovraindebitamento di cui alla legge 3/12.

Nelle ipotesi di insolvenza internazionale una delle questioni più complesse è l’individuazione del Tribunale competente ad aprire la procedura di insolvenza. Complessità che deriva dal fatto che il soggetto insolvente ha operato in più paesi e spesso ha beni collocati in Stati differenti da quello ove risiede.

La delicatezza della questione risiede nell’evitare che il debitore sia spinto da ragioni di convenienza a scegliere lo Stato nel quale introdurre la dichiarazione di insolvenza con riflessi di possibile pregiudizio per quei creditori presenti in uno Stato differente.

La regola a cui la normativa europea si ispira è quella del c.d. C.O.M.I. ovverosia del centro principale degli interessi del debitore nel quale è radicata la competenza del giudice chiamato a pronunciarsi sulla sua insolvenza.

Nel caso di persone fisiche che non esercitano attività imprenditoriale o professionale, tale luogo si presume essere – fino a prova contraria – quello in cui hanno la residenza abituale.

Peraltro, in quanto presunzione, essa è sempre superabile e il giudice competente di uno Stato membro dovrebbe valutare attentamente se il centro degli interessi principali del debitore sia situato veramente in quello Stato membro (art. 4 del Regolamento).

Nel caso delle persone fisiche che non esercitano un’attività imprenditoriale o professionale indipendente, tale presunzione può essere superata, ad esempio, dalla prova che la maggior parte dei beni del debitore è situata fuori dallo Stato membro di sua residenza abituale, dalla dimostrazione che il principale motivo dello spostamento fosse  aprire una procedura d’insolvenza nell’ambito della nuova competenza giurisdizionale la cui scelta è idonea a compromettere gravemente gli interessi dei creditori i cui rapporti con il debitore avevano avuto luogo prima dello spostamento (Considerando 30 del Regolamento).

La sentenza in esame tratta proprio un caso in cui i giudici nazionali hanno dovuto valutare se la presunzione principale (residenza abituale) potesse essere superata dalla situazione concreta in cui si trovavano i debitori insolventi.

Il caso

Due coniugi, che risiedono dal 2016 a Norfolk (Regno Unito), dove esercitano un’attività lavorativa subordinata, avevano chiesto ai Giudici portoghesi l’apertura di una procedura d’insolvenza nei loro confronti, poiché in tale paese si trovava l’unico bene immobile a loro intestato.

Il Giudice di primo grado aveva negato la propria competenza, riconoscendo, il centro principale degli interessi dei ricorrenti presso la loro residenza abituale, situata nel Regno Unito e che, di conseguenza, i giudici di quest’ultimo Stato membro fossero competenti ad aprire la procedura di insolvenza.

I coniugi hanno impugnato la sentenza affermando che il centro dei loro interessi principali si situerebbe in Portogallo, Stato membro in cui si trova l’unico bene immobile di cui sono proprietari e in cui sarebbero state realizzate tutte le transazioni e conclusi tutti i contratti che avevano comportato la loro situazione di insolvenza.

Il Giudice portoghese del rinvio si è quindi interrogato sulla corretta interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1, del Regolamento e, più in particolare, sui criteri idonei a superare la presunzione semplice (residenza abituale) prevista da tale disposizione per le persone fisiche.

Alla luce di quanto sopra, il Giudice portoghese ha quindi deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se, nell’ambito del regolamento [2015/848], l’organo giurisdizionale di uno Stato membro sia competente a procedere all’apertura di una procedura principale d’insolvenza di un cittadino che possiede il suo unico bene immobile nel territorio di tale Stato, sebbene egli, insieme al proprio nucleo familiare, sia residente in altro Stato membro, dove svolge attività di lavoratore dipendente».

La decisione della Corte di Giustizia

I Giudici comunitari hanno anzitutto ritenuto necessario precisare il senso e la portata della nozione di “centro degli interessi principali”, pur riconoscendo autonomia di interpretazione da parte dei giudici nazionali in forza delle rispettive legislazioni.

La Corte ha poi dichiarato che la portata della nozione di “centro di interessi principali” è chiarita dal considerando 13 del Regolamento secondo cui «[p]er “centro degli interessi principali” si dovrebbe intendere il luogo in cui il debitore esercita in modo abituale, e pertanto riconoscibile dai terzi, la gestione dei suoi interessi». Deducendone che il C.O.M.I. deve essere individuato in base a criteri al tempo stesso obiettivi e verificabili dai terzi al fine di garantire la certezza del diritto e la prevedibilità dell’individuazione del giudice competente ad aprire una procedura di insolvenza principale (ordinanza del 24 maggio 2016, Leonmobili e Leone, C‑353/15, non pubblicata, EU:C:2016:374, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

A tale riguardo si deve prestare particolare attenzione ai creditori e alla loro percezione del luogo in cui il debitore ha la gestione dei suoi interessi. Infatti, il ricorso a criteri oggettivi che possono essere verificati dai terzi deve consentire di identificare il foro rispetto al quale il debitore ha un effettivo legame e di rispondere in tal modo alle legittime aspettative dei creditori.

Passando quindi a valutare i debitori persone fisiche, secondo i Giudici i criteri pertinenti per determinare il loro centro degli interessi principali sono quelli che si riferiscono alla sua situazione patrimoniale ed economica, il che corrisponde al luogo in cui tale persona ha i suoi interessi economici e dove la maggior parte dei suoi redditi sono percepiti e spesi, oppure al luogo in cui si trova la maggior parte dei suoi beni.

Tale conclusione costituisce però una presunzione confutabile, tant’è che il considerando 30 del Regolamento precisa che dovrebbe essere possibile superare detta presunzione, ad esempio, se la maggior parte dei beni del debitore è situata al di fuori dello Stato membro in cui egli ha la sua residenza abituale, o se può essere dimostrato che il principale motivo dello spostamento fosse  aprire una procedura d’insolvenza nell’ambito della nuova competenza giurisdizionale anche al fine di compromettere gli interessi dei creditori i cui rapporti con il debitore avevano avuto luogo prima dello spostamento.

Peraltro, sempre secondo i Giudici, se è vero che la localizzazione dei beni del debitore costituisce uno dei criteri oggettivi e verificabili da parte dei terzi da prendere in considerazione per determinare il luogo in cui il debitore ha abitualmente i suoi interessi, tale presunzione può essere confutata solo al termine di una valutazione globale dell’insieme di tali criteri. Ne consegue che il fatto che l’unico bene immobile di una persona fisica sia situato al di fuori dello Stato membro della sua residenza abituale non è di per sé sufficiente a confutare detta presunzione.

I Giudici non hanno peraltro omesso di valutare che nel caso di specie il Portogallo fosse anche lo Stato membro in cui sono state realizzate le transazioni e conclusi i contratti che hanno comportato la loro situazione di insolvenza riferendo che spetta al giudice del rinvio prendere in considerazione l’insieme degli elementi oggettivi e verificabili da parte dei terzi che si riferiscono alla sua situazione patrimoniale ed economica.

Nel caso di specie, secondo i Giudici tale situazione è ubicata nel luogo in cui i ricorrenti gestiscono abitualmente i loro interessi economici e in cui la maggior parte dei loro redditi sono percepiti o spesi, oppure nel luogo in cui si trova la maggior parte dei loro beni.

Alla luce di tutte queste considerazioni la Corte ha infine enunciato il seguente principio:

L’articolo 3, paragrafo 1, primo e quarto comma, del regolamento (UE) 2015/848 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativo alle procedure di insolvenza, deve essere interpretato nel senso che la presunzione da esso prevista per determinare la competenza internazionale ai fini dell’apertura di una procedura di insolvenza, secondo la quale il centro degli interessi principali di una persona fisica che non esercita un’attività imprenditoriale o professionale indipendente è la sua residenza abituale, non è confutata per il solo fatto che l’unico bene immobile di tale persona è situato al di fuori dello Stato membro in cui egli risiede abitualmente”.

Avv.ti Gianfranco Benvenuto e Stefano Meani


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