Quando il sindaco risponde degli illeciti degli amministratori?

A cura dell’avv. Gianfranco Benvenuto

Cass. civ., Sez. II, sent. 18/09/2020, n. 19559, Pres. Dott.ssa Di Virgilio, Rel. Dott. Cosentino

Il sindaco risponde dell’illecito amministrativo a titolo di concorso omissivo qualora, l’attivazione dei poteri sindacali avrebbe evitato il verificarsi del danno causato dagli amministratori, rientrando infatti tra i compiti del collegio sindacale l’esercizio di un controllo, non meramente formale sull’operato dell’organo gestorio, bensì sostanziale, cioè idoneo a realizzare le funzionalità del complesso sistema di controlli interno.

Il caso riguarda un membro del collegio sindacale di un istituto di credito a cui veniva inflitta una sanzione amministrativa pecuniaria di € 40.000 da parte della Banca d’Italia per inesatte segnalazioni all’organo di vigilanza in violazione dell’art. 106 T.U.B. e della Circolare della Banca d’Italia n. 273 del 05.01.2009, ovvero per l’illecito di omesse segnalazioni alle competenti Autorità, in violazione dell’art. 112 T.U.B..

La Corte di Appello di Roma ha rigettato i motivi di opposizione e pertanto veniva fatto ricorso per Cassazione dalla ricorrente ponendo a fondamento delle sue contestazioni l’assunto per cui i sindaci rispondono solo per violazione di obblighi specifici e non per una violazione di carattere gestorio compiuta dall’organo amministrativo.

La Suprema Corte ha rigettato tutti i motivi di ricorso ed in particolare si è soffermata nell’identificare quali sono i poteri-doveri dei sindaci.

I Giudici, riprendendo una giurisprudenza delle Sezioni Unite in tema di violazioni delle disposizioni riguardanti gli intermediari finanziari, hanno affermato che sul collegio sindacale grava l’obbligo tanto di vigilare sull’operato degli amministratori quanto di denunciare alla Banca d’Italia ed alla Consob la violazione delle norme in tema di intermediazione immobiliare, ed il mancato esercizio di questi compiti comporta la loro responsabilità a titolo di concorso omissivo in quanto “la complessa articolazione della struttura organizzativa della banca non può comportare l’esclusione od anche il semplice affievolimento del potere-dovere di controllo riconducibile a ciascuno dei componenti del collegio sindacale” (Cass. 18/09/2020 n. 19559).

La Corte di Cassazione si era inoltre già espressa in termini più generali (12/07/2020 n. 18770) circa gli estremi della corresponsabilità dei sindaci per i fatti degli amministratori sostenendo che tra la condotta dei primi ed il fatto illecito dei secondi sussiste nesso causale ogni qual volta, senza che vi sia necessariamente certezza causale, con “ragionamento controfattuale ipotetico” si giunge a conclusione che l’attivazione dei poteri dei sindaci avrebbe evitato l’illecito tenendo conto delle possibili iniziative che il codice civile mette a disposizione dei sindaci.

La sentenza in commento, seppur riferita ad una fattispecie concernente il settore bancario, riporta il principio, ormai consolidato sia in giurisprudenza quanto in dottrina[1], per cui il dovere di vigilanza imposto ai sindaci dal 2403 c.c. comporta che essi debbano porre in essere un controllo di legittimità sostanziale sull’operato degli amministratori e non meramente formale. Ciò non vuol dire che i sindaci possano giudicare nel merito l’opportunità e la convenienza economica delle operazioni gestorie, ma hanno il compito di verificare il rispetto sostanziale dei doveri di condotta imposti dalla legge e dallo statuto ed il rispetto dei principi di corretta amministrazione ed hanno il potere-dovere di attivarsi utilizzando i mezzi che la legge mette loro a disposizione[2] qualora vi siano delle violazioni da parte dell’organo gestorio.

[1] Tra i più recenti cfr: F. Dimundo, Le azioni di responsabilità nelle procedure concorsuali, Milano, 2019, pagg. 277 ss.

[2]  Come riportato dalla sentenza in commento: “la richiesta di informazioni o di ispezione ex art. 2403 bis c.c., la segnalazione all’assemblea delle irregolarità riscontrate, i solleciti alla revoca della deliberazione illegittima, l’impugnazione della deliberazione viziata ex art. 2377 ss. c.c., la convocazione dell’assemblea ai sensi dell’art. 2406 c.c., il ricorso al tribunale per la riduzione del capitale per perdite ex artt. 2446-2447 c.c., il ricorso al tribunale per la nomina dei liquidatori ai sensi dell’art. 2487 c.c., la denunzia al tribunale ex art. 2409 c.c., ed ogni altra attività possibile ed utile.”


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