Tentativo di concordato preventivo seguito dal fallimento: prededuzione dei crediti e consecuzione delle procedure

a cura dell’avv. Gianfranco Benvenuto

Fonte: Trib. Monza sez. III, 27 gennaio 2023

Nel commento alla pronuncia del Tribunale di Monza – che nega la natura prededuttiva di un credito in quanto sorto da un atto non legalmente compiuto – l’Autore ripercorre le condizioni necessarie all’insorgenza della prededuzione, l’ambito della consecuzione tra procedure e i requisiti che giustificano la traslazione della prededuzione da una procedura all’altra.

Massime
Nel fallimento dichiarato a seguito dell’infruttuoso esito di un precedente tentativo di concordato preventivo, al locatore spetta la prededuzione per il credito sorto in ragione dell’occupazione dell’immobile se l’atto che l’origina è “di ordinaria amministrazione” e in quanto tale legalmente compiuto dall’imprenditore; in difetto, se è conseguenza di un atto di straordinaria amministrazione, non può riconoscersi la prededuzione in carenza dell’autorizzazione del Tribunale.

La distinzione tra ordinaria e straordinaria amministrazione s’incentra sulla idoneità dell’atto a pregiudicare i valori dell’attivo compromettendone la capacità di soddisfare le ragioni dei creditori, tenuto conto esclusivamente dell’interesse di questi ultimi e non dell’imprenditore insolvente.

Il caso
Un’impresa attiva nel settore della grande distribuzione, durante la fase prenotativa del concordato preventivo chiedeva e otteneva l’autorizzazione dal Tribunale a sospendere ex art 169-bis l. fall. il contratto di locazione di un esercizio commerciale, inizialmente per due mesi, con successiva proroga per altri due; a valle di ciò, il debitore rinunciava alla domanda di concordato e il Tribunale dichiarava il fallimento.

In sede fallimentare il locatore chiedeva l’ammissione in prededuzione allo stato passivo del credito per l’occupazione dei locali durante il concordato sino allo scioglimento del contratto ad opera del curatore, includendo con il medesimo grado anche i canoni dovuti durante il periodo di 4 mesi di sospensione del contratto ex art 169-bis l. fall.

Il G.D. ammetteva il credito del locatore in via prededuttiva per tutta l’occupazione dei locali sino allo scioglimento ad opera del curatore con esclusione del periodo di sospensione.

Il creditore proponeva opposizione reclamando la prededuzione per l’intero periodo di mora sulla base essenzialmente di tre argomenti; i) la rinuncia del debitore alla domanda di concordato avrebbe fatto venire meno anche la causa della sospensione, i cui effetti non si sarebbero trasferiti nel fallimento; ii) l’istituto dell’art 169-bis l. fall. non sarebbe applicabile al contratto di locazione in ragione dell’impossibilità di sospendere in fatto le prestazioni, permanendo il conduttore nella disponibilità dei locali; iii) la sospensione dei contratti ex art. 169-bis l. fall. sarebbe giustificabile solo in virtù della buona riuscita della proposta di risoluzione della crisi e non di apertura del fallimento.

La curatela si costituiva eccependo che la maturazione dei canoni di locazione sarebbe stata impedita dal provvedimento di sospensione e che l’istituto ex art 169-bis l. fall. è applicabile anche alle locazioni in quanto persegue l’obiettivo di limitare la prededuzione e sarebbe dunque illogico far rivivere nel fallimento crediti la cui maturazione e prededucibilità sarebbero state inibite in sede concordataria dal Tribunale.

La soluzione del Tribunale
Il Tribunale supera la questione del “trascinamento” nel fallimento della prededuzione che il locatore assumeva essere sorta nel concordato negando in radice la natura prededuttiva al credito del locatore con riguardo ai 4 mesi di sospensione, in quanto durante detto periodo il credito non poteva considerarsi espressione di un atto legalmente compiuto dal debitore come richiesto dall’art 161, comma 6, l. fall.; conseguentemente, non essendo stata invocata l’autorizzazione del Tribunale come richiesto per gli atti di straordinaria amministrazione, il credito, limitatamente al periodo controverso, si trovava sprovvisto del presupposto legale su cui fondare la pretesa della prededuzione.

Osservazioni
Le questioni che la pronuncia pone stimolano a ripercorrere le condizioni necessarie all’insorgenza della prededuzione, l’ambito della consecuzione tra procedure e i requisiti che giustificano la traslazione della prededuzione da una procedura all’altra. Occorre premettere che la prededuzione attribuisce al credito una precedenza processuale che lo sottrae al principio della par condicio creditorum munendolo del diritto a una liquidazione anticipata in ragione della strumentalità agli scopi della procedura dell’attività da cui il credito consegue, onde renderla più efficiente e favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi, precedenza che tuttavia viene accordata al credito non sempre e comunque, ma all’interno dell’ambito processuale in cui lo stesso ha avuto origine e a condizione che in quell’ambito si rimanga, venendo meno con la sua cessazione (cfr. Cass n. 15805/2021; Cass. n. 36755/2021; Cass. n. 3020/2020; Cass. n.10130/2021; Cass. S.U. n 42093/2021). La prededuzione, infatti, è prevista dall’art 111 comma 2 l. fall. e si riferisce a crediti così qualificati da una specifica disposizione di legge, nonché ai crediti sorti in occasione o in funzione di una procedura concorsuale ovvero sia sorti sulla base di un duplice criterio alternativo, cronologico o teleologico.

Muovendo dall’ultimo periodo dell’art. 111, comma 2, l. fall., si osserva che il criterio cronologico (“in occasione”), per avere un senso compiuto, deve essere integrato con un implicito elemento soggettivo: quello della riferibilità del credito all’attività degli organi della procedura; in difetto di tale integrazione, il criterio in questione porterebbe a considerare come prededucibili, per il solo fatto di essere sorti in occasione della procedura, i crediti conseguenti ad attività del debitore non funzionali ad esigenze della stessa (Cass. civ., sez. I, 24 gennaio 2014, n. 1513).

Per rientrare negli interessi della massa occorre che il credito risponda agli scopi della procedura stessa, in quanto utile alla gestione concorsuale, attuando la prededuzione un meccanismo satisfattorio destinato a regolare non solo le obbligazioni della massa sorte al suo interno, ma anche tutte quelle che interferiscono con l’amministrazione concorsuale ed influiscono sugli interessi dell’intero ceto creditorio (Cass. civ. sez. I, 22 marzo 2017, n. 7392).

Il requisito della funzionalità esprime un’attitudine di vantaggio per il ceto creditorio compendiato nella stessa procedura concorsuale in cui esso è organizzato e attiene a crediti maturati in capo a terzi per prestazioni rese anche prima dell’inizio della procedura e perciò al di fuori di un diretto controllo dei relativi organi, ma comunque in una relazione di inerenza necessaria allo scopo dell’iniziativa più che al risultato (tipico è il credito del professionista incaricato dal debitore di assisterlo nel confezionamento della domanda di concordato).

La funzionalità può dirsi sussistente, secondo un giudizio ex ante, quando l’attività originante il credito sia ragionevolmente assunta nella prospettazione di assecondare le utilità (patrimoniali, aziendali, negoziali) su cui può contare l’intera massa dei creditori destinati a prendere posizione sulla proposta del debitore; ciò ne permette l’assimilazione ad una nozione di costo esterno sostenibile al pari di quelli prodotti dalle attività interne degli organi concorsuali. Certamente poi il beneficio della prededuzione viene previsto per un’ipotesi stabilita “per legge” dall’art. 161 comma 7 l. fall., in accordo all’art. 111, comma 2, l. fall.: nel concordato con riserva i crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili ai sensi dell’art. 111 l. fall.; tale ipotesi costituisce un esempio di prededuzione legale che consente il privilegio processuale, senza controllo preventivo del Tribunale sugli atti, solo se di ordinaria amministrazione, e ciò al fine di favorire la continuità aziendale dell’impresa; esso opera a tutela dei terzi che davanti ad un imprenditore siano incentivati a fornirgli beni o servizi funzionali alla sopravvivenza della sua attività commerciale. L’art 161, comma 7, l. fall., che inquadra gli atti di gestione dell’impresa finalizzati alla conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio, va letto in coppia con l’art. 167 l. fall. per definire la distinzione tra atti di ordinaria o di straordinaria amministrazione, che s’incentra sulla “”idoneità a pregiudicare i valori dell’attivo compromettendone la capacità di soddisfare le ragioni dei creditori, tenuto conto esclusivamente dell’interesse di questi ultimi e non dell’imprenditore insolvente” (Cass. civ., sez. I, 29 maggio 2019, n. 14713); l’atto di ordinaria amministrazione va al contrario a preservare il valore dell’impresa e si pone in un rapporto di coerenza con la struttura e le dimensioni della stessa.

È quindi possibile che atti astrattamente qualificabili di ordinaria amministrazione, se compiuti nel normale esercizio dell’impresa, possano, invece, assumere un diverso connotato nell’ambito di una procedura concorsuale, tant’è che la stessa pronuncia ha ritenuto necessario che il debitore fornisca informazioni sul tipo di proposta o sul contenuto del piano che intende presentare, laddove, in difetto, “l’atto che si riveli idoneo a incidere negativamente sul patrimonio dell’impresa, deve essere considerato come di straordinaria amministrazione”.
Infine, la prededuzione, per sua natura accordata ad un credito nel contesto processuale in cui il relativo titolo trae origine (includendone l’area preparatoria del concordato), sopravvive in una procedura concorsuale diversa che segua la precedente, solo se sussista una consecuzione fra le stesse; la precedenza di pagamento così riservata al credito di massa permane anche al di fuori del perimetro procedurale d’insorgenza, ed in rapporto ai cui scopi l’attività sia stata prestata, se la finale regolazione della procedura di sbocco disciplini un fenomeno giuridico unitario, per identità di soggetti e di requisito oggettivo (così Cass, sez. un., 31 dicembre 2021, n. 42093).
Occorre tuttavia chiarire che la continuità tra le procedure non si risolve in un mero dato temporale, bensì come fattispecie di consecuzione (più che di successione) tra esse, sicché il fallimento rappresenta lo sviluppo della condizione di dissesto che ha dato causa alla procedura che lo precede.

La giurisprudenza aggiunge che la consecutività tra procedure esige che tra di esse non vi sia “discontinuità organizzativa” ricorrente invece quando la prima non sia avanzata oltre la domanda del debitore e nemmeno sia stata aperta, impedendo così il raggiungimento dello scopo per il cui realizzo la domanda è stata depositata (Cass. civ., sez. I, 7 agosto 2023, n. 23913; Cass. ci., sez. I, 8 luglio 2022, n. 21758; Cass. civ., sez. I, 15 gennaio 2021, n. 639).

I principi sopra elencati trovano riscontro anche in una recente pronuncia della Suprema Corte che, investita della questione, ha ribadito come il riconoscimento del carattere prededucibile del credito presupponga un duplice accertamento: i) in primo luogo, se il credito discende o meno da un atto legalmente compiuto, vale a dire da un atto preventivamente autorizzato dal tribunale, ex art. 161, comma 7, l. fall., o da un atto di gestione dell’impresa che, seppur non autorizzato, fosse funzionale alla conservazione dell’integrità e del valore del suo patrimonio, alla luce delle informazioni fornite dall’imprenditore sul tipo di proposta che intendeva presentare o sul contenuto del piano che stava predisponendo; ii) inoltre, se sussiste un rapporto di consecuzione tra procedure, all’esito della verifica della mancanza di una discontinuità nell’insolvenza nei due procedimenti concorsuali (Cass. civ., sez. I, 20 maggio 2022, n. 16414).

Si dispone dunque ora delle nozioni utili per valutare la legittimità della domanda del creditore locatore nel caso oggetto di commento, nonché la correttezza della soluzione del Tribunale. La prededuzione, nella fattispecie illustrata, sebbene il credito fosse sorto in occasione della fase preparatoria del concordato, non si poneva in linea con le esigenze commerciali di protezione del patrimonio dell’impresa ed anzi lo stesso debitore attribuiva al costo della locazione un effetto dannoso per la conservazione della sua integrità; inoltre il costo sorto in occasione della procedura di concordato, quantomeno per il periodo abbracciato dalla sospensione autorizzata dal Tribunale, non solo non si rivelava funzionale alle esigenze della stessa (tanto è vero che il debitore stesso ne chiedeva la sospensione) ma tanto meno poteva considerarsi riferibile all’attività degli organi della procedura maggiore nel cui contesto il creditore chiedeva venisse accertata la prededuzione. Infine, la circostanza che la domanda di concordato non sia approdata ad un piano e ad una proposta da sottoporre alla valutazione dei creditori impedisce di considerare le due procedure “consecutive”, trovando nell’insolvenza del debitore l’unico anello di congiunzione.

Il Tribunale di Monza ha pertanto correttamente considerato assente nella procedura d’origine, e a maggior ragione in quella d’approdo, il requisito della prededuzione, in quanto nessun vantaggio, neppure con valutazione ex ante, da quel credito poteva derivare all’organizzazione concorsuale o alla massa dei creditori chiamata (secondo le prospettive del locatore) a sopportare il costo della locazione senza alcun vantaggio. Peraltro, la decisione del Tribunale di Monza anticipa l’ordinanza n. 11864 resa dalla Corte di Cassazione in data 5 maggio 2023, che, anche nel successivo fallimento, qualifica come di ordinaria amministrazione generatrice di prededuzione ed inquadrabili nell’art. 161, comma 7, l. fall. gli atti volti al godimento di un bene oggetto di un contratto di durata di cui si è avvantaggiato il debitore che ha utilizzato un immobile in locazione, a condizione che detti atti corrispondano alle finalità gestorie dell’impresa o alla sua conservazione o a quella patrimoniale alla luce delle informazioni disponibili sul piano in corso di allestimento e degli intendimenti del debitore.

Dunque nella fattispecie esaminata dal Tribunale di Monza il credito derivante al locatore nel periodo di sospensione, ancorché contestuale alla procedura (in quanto sorto “in occasione”), certamente non poteva considerarsi espressione di un atto di ordinaria amministrazione nel senso inteso dalla Cassazione e comunque, quanto alla pura occasionalità, non è possibile desumere da essa alcuna utilità per la massa tale da giustificare il vantaggio processuale che già difettava nel concordato ed a maggior ragione in capo alla curatela fallimentare.

Il Codice della crisi attribuisce la prededucibilità dei crediti in base allo stesso criterio indicato dalla giurisprudenza, accordandola ai crediti legalmente sorti durante le procedure concorsuali per la gestione del patrimonio e la continuazione dell’esercizio dell’impresa (art. 6 CCII); il criterio viene ribadito all’art. 46 CCII (“i crediti sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili”) con la precisazione che per orientare l’interprete sugli atti legalmente compiuti il debitore deve fornire (come già anticipato da Cass. civ., sez. I, 29 maggio 2019, n. 14713) idonee informazioni sul contenuto del piano in modo da individuare quelli volti alla conservazione del patrimonio e alla gestione dell’impresa.

La circostanza che l’art. 6, comma 2, CCII rassicuri sulla conservazione della prededuzione anche nell’ambito delle successive procedure concorsuali non avrebbe permesso, nel caso di specie, una soluzione differente, in quanto, come condivisibilmente ritenuto dal Tribunale di Monza, l’atto da cui originava il credito del locatore non rientrava tra quelli “legalmente compiuti dal debitore” e, in quanto tale, risultava sottratto ab origine alla prededuzione.


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