Anche il concordato fallimentare con assunzione comporta la tassazione dell’omologa in forma fissa

Il pagamento preferenziale con lesione della par condicio costituisce ragione di addebito penale, ma la sua autonoma fonte di risarcimento esercitabile dal curatore fallimentare in un’azione di massa era altresì motivo di contrasto giurisprudenziale.

Il caso si riferisce ad un concordato fallimentare in cui una società ha assunto l’intero debito concorsuale a fronte della cessione a suo favore del patrimonio attivo della procedura composta da crediti, beni e azioni giudiziarie.

Le questioni poste sul tappeto erano almeno di due livelli: al primo livello veniva contestata l’applicazione dell’art 8 lettera a) del DPR 131/1981 che prevede la tassazione con aliquota proporzionale del 3% delle sentenze recanti il “trasferimento o costituzione di diritti reali su beni immobili o su unità da diporto ovvero su altri beni e diritti”; al contrario il contribuente rivendicava la soggezione del caso all’ipotesi disciplinata dall’art 8 lettera g) dello stesso DPR 131/1981 che, per gli atti di omologazione, prescrive l’applicazione dell’imposta in misura fissa di €168.

In subordine veniva contestata la scelta dell’A.E. di adottare quale base di calcolo dell’imposta non già l’attivo bensì l’intero passivo fallimentare che incrementava la base imponibile.

L’ufficio tributario ha affrontato la questione della tassazione di provvedimenti di omologa con la Circolare n 27/E/2012 nella quale distingue i provvedimenti di omologa dei concordati preventivi con cessio bonorum o con garanzia da quelli con assuntore tradizionalmente, questi ultimi, utilizzati come strumenti di soluzione del fallimento.

Il criterio di discrimine tra le due ipotesi risiede nell’effetto traslativo ricondotto al provvedimento di omologa.

Infatti mentre nelle ipotesi di concordato preventivo con cessio bonorum l’omologa non realizza nessun trasferimento di beni, ma soltanto una sorta di loro spossessamento a vantaggio dei creditori che ritrarranno soddisfacimento dal ricavato della loro vendita, nel concordato fallimentare per assunzione il terzo per effetto dell’omologa realizza immediatamente il trasferimento della massa attiva, dietro l’accollo dei debiti e l’impegno di onorarli nella misura promessa.

Questa ragione sta alla base del motivo per cui anche l’omologa dell’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art 182 bis l.f. non subisce un trattamento differente, in termini di imposizione, rispetto a quello attribuito al concordato preventivo.

Riguardo alla base imponibile l’A.E. registra l’esistenza di una connessione oggettiva tra l’accollo delle obbligazioni concordatarie e il trasferimento dell’attivo fallimentare tale da non consentire di ritenere ciascuna di esse espressione di un’autonoma capacità contributiva, con la conseguente applicazione della disposizione recata dall’art 21 II co T.U.R. relativo agli atti contenenti più disposizione che prevede l’imposta più onerosa applicata all’intero atto.

Si segnala che nel 2014 (sentenza n 2816/2014) la C.T.R. sezione distaccata di Brescia aveva già affrontato la stessa questione ribaltando la precedente sentenza della C.T.P. e dando così ragione al contribuente che chiedeva l’applicazione della tassa fissa.

Il precedente giurisprudenziale perveniva alla decisione affermando che se il legislatore avesse voluto inserire nella previsione in argomento anche il trasferimento di beni diversi da immobili o autovetture o da unità da diporto e di diritti diversi da quelli reali, lo avrebbe scritto e ciò in base al brocardo ubi voluit dixit.

La sentenza in esame in verità è ancora più semplicistica del precedente citato ripiegandosi semplicemente sul criterio cosiddetto nominalistico desunto dall’art 8 lettera g) DPR 131/1981 che porta ad applicare sic et sempliciter la norma nella sua lettura più elementare, in ciò sostenuta dall’orientamento della Cassazione (cfr Cass. 7/5/2007 n 10352; Cass 7/9/2010 n 19141) che ha adottato lo stesso criterio ermeneutico con riferimento però al differente terreno del concordato preventivo su cui anche l’A.E. si trova d’accordo.

Nella fattispecie in verità la giurisprudenza che si è occupata della tassazione del decreto di omologa, sebbene segni un punto a favore del contribuente, non pare sferrare all’A.E. un colpo travolgente, in quanto affidandosi al semplice argomento nominalistico non si è mostrata sino ad ora in grado di porre argini insuperabili agli argomenti dotati di indubbia capacità suggestiva sostenuti dall’A.E. in quanto non vi è dubbio che l’effetto prodotto dall’omologa del concordato con assuntore è effettivamente quello del trasferimento di diritti reali in favore dell’assuntore e che dunque se si privilegia l’aspetto sostanziale rispetto a quello formale, l’atto potrebbe meritare una tassazione più severa.

Pertanto si ritiene che la disputa non si arresti qui e che l’esito finale sia semplicemente rimandato al prossimo intervento della Cassazione a cui sarà affidato il compito di dirimere con più autorevolezza la questione di diritto sottesa all’applicazione della Circolare 27/2012 dell’Agenzia delle Entrate.


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