L’intervista su Diritto24: storia, presente e futuro dello studio Benvenuto e delle sue materie

Fra domande e risposte sono ripercorsi storia, presupposti, evoluzione e attualità dello studio e delle materie che ne caratterizzano l’impegno professionale. Con un minimo comune denominatore: “dialogo e comprensione con i clienti anche a livello personale, oltre che professionale”

Avvocato il suo studio si occupa di diritto concorsuale, vorrebbe parlarci brevemente della sua attività?

Lo studio nasce nel 1988 con una struttura artigianale che ha conservato nonostante l’ampliamento organizzativo, garantendo le caratteristiche prioritarie del rapporto fiduciario contraddistinte da affidabilità, competenza, disponibilità e flessibilità verso le esigenze del cliente.

Diciamo spesso che il nostro aiuto non è portato solo alle aziende, ma anche alle loro persone, nel gestire le difficoltà – difatti, a maggior ragione vista la sensibilità delle situazioni che affrontiamo, è importante per noi trovare dialogo e comprensione con i clienti anche a livello personale, oltre che professionale.

Attualmente lo studio opera con il contributo di 7 collaboratori ripartiti in due aree di competenza di cui una dedicata agli incarichi assegnati dal tribunale per la cura delle procedure concorsuali e l’altra a compiti giudiziali di provenienza concorsuale o rivolti ai clienti esterni.

Il primo comparto è affidato principalmente alla guida di due dottori commercialisti di comprovata esperienza maturata nella gestione delle procedure concorsuali, che dirigono altri due collaboratori junior; io ne sovraintendo l’opera, intervenendo nell’attività di indirizzo e nelle scelte giuridiche.

Il secondo comparto opera su un fronte aperto al mercato esterno e si occupa di aspetti giudiziali nella materia concorsuale o della assistenza ad aziende in crisi o di azienda che si relazionano commercialmente con aziende in crisi.

L’attività giudiziale si è sviluppata principalmente a supporto delle necessità di altri curatori e dunque rivolta alla cura di azioni tese al recupero del patrimonio della società fallita quali azioni di responsabilità, revocatorie, di nullità o simulazione nei confronti di atti o condotte anteriori al fallimento.

Da questa attività è poi maturata un’esperienza che si è trasferita alla tutela del patrimonio del privato o dell’azienda soprattutto in materia bancaria dove è stata recuperata la competenza cresciuta con le revocatorie bancarie del passato, tema praticamente crollato dopo la riforma del D.L 35/2005, ma che ha lasciato in eredità la perizia nella lettura dei documenti bancari permettendo di affrontare i temi dell’anatocismo e dell’usura nei rapporti bancari.

Dal 2006 in avanti l’attenzione dello studio si è orientata verso le soluzioni della crisi d’impresa di cui si è intuito il grande sviluppo e le potenzialità di mercato che infatti, complice la crisi globale, è divenuto molto ricettivo in termini di consulenza ed assistenza dal 2009 in avanti, questo segmento di attività rimane ancora trainante nell’attività di studio ed è quello verso cui periste l’attenzione più scrupolosa.

È a questa materia che dedico l’attività congressuale e pubblicista che svolgo coniugandola con quella professionale e di direzione dello studio.

La materia di cui si occupa è rimasta immutata per oltre 60 anni mentre negli ultimi 10 ha visto numerosi interventi del legislatore, a cosa attribuisce questa recente variabilità?

In effetti sono poche le materia che hanno visto così numerosi interventi perturbatori del legislatore come quella concorsuale.

Dal 2005 ad oggi si contano 11 interventi e siamo ancora in attesa dello scossone più importante che arriverà a breve con la riforma che porta il nome del magistrato Rordorf che ha diretto i lavori della commissione di riforma.

Il denominatore comune in queste ondate di riforme è stata un’incertezza orientativa: le riforme si sono fino ad oggi mosse in direzioni talora divergenti con la frequenza di un pendolo alternando soluzioni orientate a favorire la massa dei creditori ad altre polarizzate maggiormente sul debitore e questa serie di incertezze ha creato disorientamenti impedendo alla giurisprudenza di assumere posizioni uniformi su tematiche decisive.
Il più emblematico esempio di quest’oscillazione è offerto dal criterio di votazione richiesto nei concordati che è passato da un sistema di votazione esplicita richiesta ai creditori (ante L. 134/2012), ad una votazione per silenzio-assenso, ad un nuovo modulo di votazione esplicito reintrodotto con il D.L. 83/2015.

La ragione della grande variabilità è sicuramente da individuare nella stagione di crisi che abbiamo vissuto a cui il legislatore ha cercato di porre rimedio con continui ritocchi di carattere contingente alimentati dalla speranza di rivitalizzare il mercato e ridurre l’ondata dei fallimenti che avrebbe potuto provocare un collasso nelle stesse strutture giudiziarie chiamate a gestirli.

Il risultato non è stato esattamente quello voluto: i fallimenti sono stati effettivamente inferiori al numero temuto ma ciò solo in quanto un gran numero di imprenditori ha dirottato le proprie insolvenze su concordati dalle percentuali di soddisfacimento misere non lontane da quelle recuperabili in caso di fallimento e dunque con un riflesso economico per la platea dei creditori lontano dalle aspettative che ci si può attendere da una procedura concorsuale alternativa al fallimento.

Il futuro invece in quale direzione è orientato?

La commissione Rordorf ha già comunicato forti segnali di discontinuità rispetto al passato restituendo agli istituti alternativi al fallimento (rectius d’ora in avanti liquidazione giudiziale) un significato di merito legato alla credibilità economica del debitore e alla sua capacità di offrire alla platea dei creditori condizioni di soddisfacimento accettabili.

Il debitore, se vuole approdare al concordato dovrà dimostrare di essere in grado di dare continuità alla propria attività aziendale, in termini diretti od indiretti, abbandonandola invece nelle mani di un curatore in caso il business che la alimenta non sia più in grado di generare flussi virtuosi, neppure a seguito di una ristrutturazione.

Agli accordi di ristrutturazione e ai piani attestati è stato invece affidato il compito di risolvere la crisi attraverso accordi diretti che richiedono una fase di negoziazione con il polo più forte dei creditori costituito da enti finanziari, introducendo un livello di maggior consapevolezza e responsabilità nell’intero mercato.

Anche la recente riforma del pegno non possessorio introdotta con il D.L. 59/2016 è da leggere a mio giudizio in questa direzione; la scommessa del legislatore va nella direzione di vincolare tutto il patrimonio dell’azienda agli istituti finanziari che diventeranno sempre di più gli unici interlocutori dell’imprenditore in caso di crisi aziendale, mentre gli altri creditori minori, fornitori, o i privilegiati dipendenti, professionisti ed artigiani, verranno comunque preservati dalla crisi in virtù del meccanismo presente negli accordi di ristrutturazione che riserva il 100% del pagamento ai non aderenti alle trattative.

Questa soluzione sarà per i piccoli creditori assai più negativa in caso di fallimento in quanto sarà loro sottratto il terreno su cui esercitare i privilegi, assegnato con il pegno non possessorio agli enti finanziari, ma molto più favorevole in tutti i casi di soluzioni alternative per la crisi in quanto questa passerà sopra i loro capi senza sfiorarli e lasciandoli indenni nel soddisfacimento del loro credito.

La soluzione della crisi di domani si cercherà sempre sui tavoli delle banche ed anche questo favorirà la spinta alla sua emersione anticipata, stimolando un senso di responsabilità ed attenzione maggiore da parte di tutti gli attori principali della crisi costituiti da un lato dall’imprenditore e dai suoi professionisti e dall’altro dagli istituti finanziari e dai responsabili dell’erogazione del credito in generale.

[L’intervista è pubblicata su Diritto24 – Il Sole 24 Ore]


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