Società di capitali e opportunità per la tutela del patrimonio del farmacista

La crisi che ha colpito il settore della farmacia deve essere affrontata con soluzioni concordate, che permettano di riequilibrare il risultato finanziario e la ripresa dell’attività

Nella primavera di quest’anno sulla stampa nazionale sono apparsi diversi articoli riferiti alla crisi economica che ancora avvolge il settore delle farmacie: nel solo mese di aprile 2017 a Milano sono state sette le farmacie dichiarate fallite o in concordato, che si aggiungono a una lista di altre 25 dall’inizio dell’anno. Le ragioni della crisi sono spesso indicate nell’aumento delle licenze, nell’apertura delle parafarmacie, nella maggior diffusione dei cosiddetti farmaci equivalenti e nella contrazione del numero delle ricette legata ai maggiori controlli operati sui medici di base, tutti fattori che porterebbero alla riduzione dei margini di guadagno, spesso non più sufficienti a sostenere i costi di struttura, con successiva implosione dell’attività. A testimonianza del dato obiettivo della crisi che ha colpito indistintamente il settore, si registra un forte ridimensionamento del valore assoluto dell’attività in fase di cessione, passato da un coefficiente di 2,5 / 3 rispetto al fatturato, come calcolato fino a 10 anni or sono, a valori attestati su coefficienti pari 0,8 / 1,2 del giro d’affari annuo, che costituisce elemento significativo del sensibile calo di interesse del mercato verso questa branca d’attività.
Se è tuttavia innegabile che il valore dell’attività sia fortemente ridimensionato, è altrettanto indubbio che alcuni esercizi soccombono mentre molti avanzano dignitosamente, rivelando che il mercato non è negativo in termini assoluti e che l’attività merita ancora di essere coltivata sebbene con approcci imprenditoriali differenti.
Per alcuni farmacisti il passaggio della crisi non ha coinciso con un cambiamento di mentalità da semplice professionista a imprenditore, come sempre di più il mercato richiede, comportando attenzione a fattori tipicamente manageriali di conduzione dell’attività legati alla rotazione del magazzino, alla scelta dei prodotti, ai tempi di consulenza verso il cliente, elementi che alla f

Dopo una gestazione di oltre due anni, la legge per il mercato e la concorrenza è entrata in vigore lo scorso 29 agosto. Già nel corso della navetta parlamentare, il testo aveva suscitato grande interesse fra gli operatori del settore farmaceutico, per via dell’introduzione di una modifica normativa di portata epocale: la possibilità per le società di capitali di divenire titolari di farmacie. Nel dettaglio, la norma (comma 157 della l. 124/2017 che va a modificare l’art. 7 della l. 362/1991) ha previsto che:

  • la titolarità delle farmacie private può essere in capo anche a società di capitali che abbiano quale oggetto sociale esclusivo la gestione di una farmacia;
  • ogni singola società può detenere sino al 20% delle farmacie esistenti nella medesima Regione o Provincia Autonoma;
  • non è necessario che nella compagine sociale vi siano soci farmacisti;
  • la direzione della farmacia è comunque riservata ad un farmacista idoneo alla titolarità;
  • l’eventuale svolgimento di altra attività nel settore della produzione e informazione scientifica del farmaco, l’esercizio della professione medica, la posizione di titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia, nonché qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato sono cause di incompatibilità con la partecipazione alla società;
  • lo statuto delle società titolari di farmacia deve essere comunicato entro 60 giorni alla Fofi nonché all’assessore alla sanità della competente Regione o Provincia Autonomia, all’Ordine provinciale dei farmacisti e all’Azienda Sanitaria Locale competente per territorio.

La novità è stata accolta negativamente da parte di Fofi e Federfarma, le quali temono la creazione di “un oligopolio di società di capitali a vocazione puramente commerciale, in assenza di qualsiasi tutela per il professionista” oltre a una minore tutela per il cittadino. Le perplessità sono legittime ma non devono offuscare alcuni effetti della norma che, passati in secondo piano nel dibattito di queste settimane, a parere di chi scrive, rappresentano delle opportunità per la categoria, soprattutto sotto il profilo della responsabilità patrimoniale del farmacista titolare (o socio illimitatamente responsabile).

Autonomia patrimoniale imperfetta e perfetta

Sino a poche settimane fa la titolarità della farmacia era riservata a persone fisiche, società di persone (s.n.c. e s.a.s.) e società cooperative a responsabilità limitata; a eccezione di quest’ultima tipologia societaria, le prime due forme di organizzazione (che sono peraltro le più diffuse) comportano una responsabilità patrimoniale illimitata del titolare / socio, il quale risponde dei debiti sociali con tutto il proprio patrimonio personale (si parla di autonomia patrimoniale imperfetta). Ciò comporta che il fallimento della società (o impresa individuale) travolga anche il farmacista socio (o titolare), che viene egli stesso dichiarato fallito e il cui patrimonio personale è interamente acquisito all’attivo fallimentare. Per le s.a.s. bisogna distinguere fra socio accomandante, la cui responsabilità è limitata salvi i casi di ingerenza nella gestione della società, e socio accomandatario, che è invece illimitatamente responsabile.
Le società di capitali (Srl e Spa) sono invece caratterizzate da una autonomia patrimoniale perfetta, il che significa che il patrimonio dei soci è distinto da quello della società, la quale risponde dei propri debiti esclusivamente con i propri mezzi. Anche in ipotesi di fallimento le conseguenze sono ben diverse, poiché il socio farmacista non sarà dichiarato fallito e il proprio patrimonio personale non sarà coinvolto nella liquidazione fallimentare della società. In questo caso, il farmacista continuerà a rispondere delle eventuali fidejussioni rilasciate ai creditori sociali, nei limiti però dell’importo garantito e senza necessario coinvolgimento dell’intero patrimonio personale.

Come acquisire i vantaggi dell’autonomia patrimoniale perfetta

Vediamo le modalità mediante le quali è possibile acquisire i vantaggi dati dall’autonomia patrimoniale perfetta. Un farmacista titolare di un’impresa individuale può decidere di costituire ex novo una società di capitali a cui conferire l’azienda farmacia. Mediante il “conferimento” il soggetto conferente apporta l’azienda a una società conferitaria, ricevendo quale corrispettivo l’assegnazione di azioni (Spa) o quote di partecipazione al capitale (Srl) di detta società. L’azienda sarà oggetto di perizia di stima del valore, che sarà redatta da un esperto nominato dal Tribunale ovvero dal conferente, a seconda che l’azienda sia conferita rispettivamente in una Spa o in una Srl; il conferimento dovrà risultare da atto notarile. Per quanto riguarda la responsabilità patrimoniale, la giurisprudenza concordemente ritiene che il conferimento di un’azienda individuale in una società equivalga a una cessione della medesima, con la conseguenza che la società conferitaria risponde dei debiti inerenti l’azienda risultanti dai libri contabili obbligatori e il conferente non è liberato dai debiti suddetti se il creditore non vi abbia consentito.
Ovviamente, quanto sopra esposto vale per i debiti sorti anteriormente al conferimento, mentre per le obbligazioni contratte successivamente a detto evento risponderà esclusivamente la società conferitaria con il proprio patrimonio.
L’istituto del conferimento può essere preso in considerazione anche nel caso in cui si decida di trasferire l’azienda farmacia da una società di persone (es: Alfa Snc) ad una società di capitali (es: Beta Srl).
Infine, l’ordinamento consente di modificare il tipo societario da società di persone (es: Alfa Snc) in società di capitali (es: Alfa Srl) mediante l’istituto giuridico della “trasformazione”. La trasformazione dovrà essere deliberata dalla maggioranza dei soci, con diritto di recesso del socio che non ha concorso alla delibera, la quale deve risultare da atto notarile.
Per quanto riguarda la partecipazione al capitale sociale, i soci della società di persone hanno diritto all’assegnazione di una quota del capitale della società di capitali proporzionale alla partecipazione detenuta ante trasformazione.
Sotto il profilo della responsabilità patrimoniale, l’art. 2500 quinquies c.c. stabilisce che la trasformazione non libera i soci a responsabilità illimitata dalla responsabilità per le obbligazioni sociali sorte prima della trasformazione, a meno che i creditori sociali diano il consenso alla trasformazione; il consenso si presume se i creditori (ai quali la delibera di trasformazione deve essere comunicata con mezzi che garantiscano la prova dell’avvenuto ricevimento) non lo abbiano espressamente negato nei 60 giorni successivi alla ricezione della delibera. Anche in questo caso come per il conferimento, per le obbligazioni assunte dalla società di capitali successivamente alla modifica risponderà soltanto quest’ultima con il proprio patrimonio.
È utile evidenziare che, anche in ipotesi di società di capitali, al socio potrà essere chiesto il rilascio di fidejussioni a garanzia delle obbligazioni della società. In conclusione, il passaggio dall’impresa individuale / società di persone alla società di capitali, sebbene non permetta ai farmacisti titolari / soci illimitatamente responsabili di liberarsi dai debiti pregressi, offre uno strumento protettivo del patrimonio del singolo in relazione alle obbligazioni da contrarre in futuro, per le quali risponderà esclusivamente la nuova società.


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